Definire una varietà locale non è affatto semplice. Esistono vari piani e punti di osservazione diversi. C’è quello scientifico che molto spesso non porta a nulla perché frequentemente non è quello che meglio esprime il carattere di una «varietà locale». Esistevano innumerevoli varietà locali di frutta, di ortaggi, di cereali. Il grande Nikolaj Vavilov, antesignano degli studi sulla biodiversità, ebbe come obiettivo principale di tutta la sua attività, l’individuazione delle zone di origine delle principali piante alimentari coltivate e delle specie primitive dalle quali derivano. I luoghi di origine e diversificazione portano, ancora oggi, il suo nome (Centri di Vavilov). Dai centri di origine delle specie sono trascorsi 10.000 anni di agricoltura e migrazioni in cui l’umanità ha portato con se le specie di uso alimentare.
La necessità di stabilire una definizione precisa per le varietà locali ha portato alcune norme vigenti ad indicare in 50 anni il tempo minimo di coltivazione in un territorio, misura chiaramente empirica e suggerita da alcuni elementi principali, quali la durata di una generazione umana, la rapidità attuale degli spostamenti di uomini e risorse genetiche (scambio di semi, di materiale di propagazione, ecc.).
La conservazione delle varietà/razze locali è stata sempre compito esclusivo degli agricoltori: essa era una necessità finalizzata alla coltivazione/allevamento della varietà/razza più adatta ad uno specifico ambiente pedo-climatico e/o alle abitudini alimentari e/o ai bisogni dell’agricoltore stesso, della sua famiglia e degli animali allevati.
Questo approccio è cambiato recentemente e le varietà selezionate e conservate per centinaia di anni dagli agricoltori, anche attraverso lo scambio di seme e di memoria storica, sono state viste come risorsa genetica da utilizzare a scopi scientifici (banche dei semi, istituti di ricerca, …) e/o a scopi commerciali.
La tutela della biodiversità in agricoltura (biodiversità agraria, agrobiodiversità) è uno dei più importanti impegni che la Regione Toscana si è assunta già dal 1997 con la prima legge regionale sulla tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agricolo, zootecnico e forestale.
La legislazione che protegge i moderni costitutori di varietà vegetali, aziende produttrici di sementi ed aziende distributrici di sementi ha complicato il panorama.
Attualmente la Regione Toscana opera in questo campo grazie alla LR 64/04 dal titolo “Tutela e valorizzazione del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario, zootecnico e forestale”.