AGRICOLTORI E ALLEVATORI CUSTODI (AAC)

Soggetti pubblici e privati, in forma singola o associata che si impegnano a conservare “in situ/on farm” le risorse genetiche locali a rischio di estinzione o di erosione genetica, iscritte nell’Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse

Nella richiamata definizione di Agricoltori e Allevatori Custodi (AAC) della legge 1° dicembre 2015, n. 194, gli agricoltori e gli allevatori custodi sono soggetti attivi del processo di coadattamento e coevoluzione delle varietà/popolazioni vegetali e animali, che si impegnano a mantenere nel tempo questo ciclo evolutivo, che influisce positivamente sulla biodiversità coltivata e allevata e, quindi, sulla diversità del cibo. Essi sono essenzialmente custodi di un processo evolutivo, legato ad un bene collettivo (varietà e popolazioni) che è intriso di saperi, tecniche, usi e consuetudini del quale sono titolari.
Gli Agricoltori e Allevatori Custodi (AAC) sono soggetti pubblici e privati, in forma singola o associata che si impegnano a conservare “in situ/on farm” le risorse genetiche locali a rischio di estinzione o di erosione genetica, iscritte nell’Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare. Per conservazione in situ/on farm si intende quanto previsto dalle Linee guida per la conservazione e la caratterizzazione della biodiversità vegetale, animale e microbica di interesse per l’agricoltura di cui al D.M. 6 luglio 2012.

CONSERVAZIONE IN SITU (In situ conservation): è la conservazione di ecosistemi e di habitat naturali e il mantenimento e recupero di popolazioni specifiche, vitali, nel loro ambiente naturale o, nel caso di specie addomesticate o coltivate, nell’ambiente in cui esse hanno sviluppato le loro caratteristiche distintive. Si tratta di un sistema ‘dinamico’ di conservazione, perché sottoposto alla pressione selettiva ambientale, determinata da fattori biotici (uomo incluso) e abiotici.

CONSERVAZIONE ON FARM (On farm conservation): è di fatto una conservazione in situ. Il termine fa prevalente riferimento alle popolazioni di specie animali e vegetali coltivate/allevate continuativamente nell’azienda agricola. In questo caso si rileva il ruolo essenziale svolto dagli agricoltori nella creazione, impiego e custodia delle risorse genetiche e il legame con la cultura (in senso lato) delle popolazioni umane che le hanno sviluppate.

 

GLI IMPEGNI DEGLI AGRICOLTORI E ALLEVATORI CUSTODI (AAC)

Gli Agricoltori e Allevatori custodi (AAC), per essere riconosciuti tali ai sensi della legge 1° dicembre 2015, n. 194, si impegnano a:

a) provvedere al mantenimento evolutivo mediante coltivazione e allevamento di almeno una risorsa genetica di interesse alimentare ed agrario locale, vegetale o animale soggetta a rischio di estinzione o di erosione genetica iscritta nell’Anagrafe nazionale;

b) diffondere, per quanto possibile, la conoscenza, l’uso e le tradizioni legate alle risorse genetiche di cui sono custodi, attenendosi ai principi della legge 1° dicembre 2015, n. 194 delle risorse genetiche iscritte all’Anagrafe nazionale;

c) attivare uno scambio reciproco (tramite un accordo/protocollo di intesa/collaborazione) con almeno un Centro di conservazione ex situ e/o una Banca del germoplasma che conserva la stessa risorsa genetica. Ciò al fine di attivare una completa conservazione (in situ/on farm ed ex situ) anche tramite scambio di conoscenze;

d) contribuire, qualora necessario, al rinnovo del seme/materiale di moltiplicazione conservato presso il Centro di conservazione ex situ e/o la Banca del germoplasma stesso/a;

e) non richiedere privativa sulla risorsa genetica custodita, né cederla ad altri che manifestino intenzione di richiederla;

f) sottoporsi ad un sistema di controllo e verifica nel tempo (almeno per la durata dell’impegno), della reale presenza della risorsa genetica per la quale è stato richiesto il riconoscimento di AAC e della sua corretta conservazione “in situ/on farm”.

 

Possono essere riconosciuti come Agricoltori o Allevatori custodi (AAC) i soggetti pubblici e privati, in forma singola o associata, ubicati nel territorio nazionale, che assumono formalmente gli impegni di cui al precedente punto 3 e che risultano in possesso dei seguenti requisiti:

 

1. disponibilità di almeno una risorsa genetica iscritta all’Anagrafe nazionale;

2. regolare possesso di un terreno o di idonee strutture per l’allevamenlto sulla base di un titolo valido;

3. specifica esperienza o capacità professionale in uno o più dei seguenti ambiti:

a. coltivazione e riproduzione di risorse genetiche vegetali, di interesse alimentare ed agrario locali soggette a rischio di estinzione o di erosione genetica;

b. allevamento di risorse genetiche animali, di interesse alimentare ed agrario locali soggette a rischio di estinzione o di erosione genetica.

 

 


 

La capacità o esperienza professionale è attestata in uno dei seguenti modi:

 

– dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesti che il dichiarante ha svolto da almeno due anni attività in uno o più degli ambiti indicati ai precedenti punti 3a e 3b o che ha provveduto alla riscoperta e conservazione di una o più razze o varietà locali, da specificare
nella dichiarazione;
– possesso della qualifica di imprenditore agricolo, ai sensi dell’ art. 2135 del Codice Civile;
– possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale ai sensi dell’articolo l del decreto legislativo 23 marzo 2004, n. 99 (Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettere d), e), f), g), l), della legge 7 marzo 2003, n. 38);
– possesso di diploma di perito agrario, diploma di agrotecnico, o equipollenti;
– possesso di laurea triennale in Scienze e tecnologie agrarie e forestali/Scienze zootecniche e tecnologie delle produzioni animali, come disciplinate dal DM 270/2004;
– possesso di laurea magistrale in Scienze e tecnologie agrarie ed equipollente, o medicina veterinaria, come disciplinate dal decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270 (Modifiche al regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica), ovvero di titolo equivalente secondo i previgenti ordinamenti didattici.